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Cantina Podere Guardia Grande

dati progetto

L’edificio per la cantina Podere Guardia Grande è parte dell’ampio territorio agricolo della Nurra, la cui conformazione attuale deve la sua origine a ingenti operazioni di bonifica che, a partire dalla fine dell’Ottocento, investirono questi luoghi cambiandone l’assetto paesaggistico, ecosistemico e antropico.

Qui la razionalità della maglia agraria ospita i poderi e le case coloniche che hanno ri-costruito il territorio, poco lontano la città di Fertilia edificata su forme razionali di mattoni, intonaco e trachite.

In questo senso, il territorio, come sosteneva Corboz, assume l’accezione di prodotto, spazio di coesistenza fra popolazioni che lo occupano e rapporti organizzativi che su esso vengono instaurati, risultato di processi di uso. Ed è proprio in quest’accezione che l’architettura per la cantina Podere Guardia Grande partecipa alla costruzione di un territorio che per sua natura non è mai statico.

 

L’edificio si rifà alle forme razionali che già popolano questi luoghi, inserendosi nel paesaggio tramite una continuità fra suolo e superfici verticali costruita sulle cromie della terra: il persistente colore rosso violaceo delle argille siltose presenti in loco rimanda alla tradizione architettonica della bonifica e alle emergenze architettoniche della vicina Fertilia.  

Articolato su tre livelli principali, l’architettura si confronta con l’intorno e con il “dentro”, eleggendo il suolo come dimora per le attività produttive.  

L’unico piano fuori terra è la grande sala: una scatola vetrata circondata da un ampio portico scandito da pilastri a base triangolare, media fra il paesaggio circostante e gli spazi produttivi. Qui, la baia di Porto Conte, Capo Caccia, Porticciolo, il monte Doglia diventano i principali interlocutori dell’architettura e dei suoi fruitori.

Da questo spazio costruito su luce e vedute, si accede al piano ammezzato: superficie orizzontale che per sottrazione costruisce una continua relazione visiva con i locali di lavorazione del piano sottostante.

Gli ampi spazi della sala e del piano visita sono plan libre, solo parzialmente funzionalizzati: la disponibilità di spazio, quasi di natura museale, è risorsa pronta ad accogliere le diverse narrazioni della cultura del vino e del territorio tramite allestimenti anche cangianti.

Se nella sala al piano fuori terra il paesaggio si offre nella sua interezza, la fruizione degli ambienti sottostanti induce alla scoperta di scorci della parte più introversa dell’edificio: i continui rimandi ai locali produttivi sono evidenti nella tripla altezza della scala circolare, figura di riferimento e di orientamento all’interno dei diversi livelli, e gli aggetti del piano intermedio sui locali di lavorazione.
Le differenti intensità di luce caratterizzano i diversi ambienti: dall’immersione nel paesaggio circostante nel piano fuori terra sino ai locali più bui, scavati nella collina ricostruita, dove riposa il vino. Al piano – 2 gli spazi di lavorazione sono strettamente legati alla macchina produttiva della cantina: il ricevimento uve avviene nell’ampio piazzale per poi continuare nei locali di fermentazione e di affinamento. Qui la successione di ambienti funzionalmente concepiti per accogliere le lavorazioni, ospita figure intruse come le salette per la degustazione a ridosso della barricaia. In contrapposizione alla stereometria e alla serialità dell’impianto, i soffitti dei locali interni sono voltati, presentato geometrie variabili contenute nel rigido perimetro dell’edificio. Il calcestruzzo a vista pigmentato riporta all’interno la cromia della terra, enfatizzate dall’utilizzo di trachite rossa con lavorazione liscia e a spacco.